LA SPECIE IMPRENDITORIALE E LA SUA TUTELA di Sauro Pellerucci


Prologo
In questi giorni si è parlato e molto si parla dell’opportunità di abbattere il montepremi spettante alla comunità statale e derivante dall’attività d’impresa. I pareri sono contrastanti, alcuni si appellano alle tutele ed allo stato sociale, altri ad una nuova modalità di utilizzo delle risorse derivanti dall’esercizio dell’imprenditorialità. La tesi che difende la tutela dello stato sociale esistente, a mio avviso, non tiene conto di una verità accettata, sia pure per convenienza e magari solo in parte, da ogni soggetto sociale. Questa verità è riassumibile in due constatazioni:
1. È universalmente accettato che qualsiasi cittadino possa intraprendere un’attività imprenditoriale.
2. È verificato che un’attività d’impresa si regge sulle capacità umane, organizzative e commerciali dell’imprenditore, del suo staff e di ogni collaboratore.

Il confronto sull’opportunità di ridurre il carico fiscale ha, per la prima volta, sollevato un dubbio. Un dubbio lecito ma non comprovato ed una domanda: “E’ capace, l’imprenditore, di utilizzare al meglio le risorse economiche derivanti dalla riforma fiscale in modo produttivo per sé e per la comunità?”.
La risposta a questa domanda determina ben più della strategia fiscale generale e giunge ad intaccare il modello economico di tutta la nazione.
Se la risposta fosse no, allora ci troveremmo di fronte alla necessità di espropriare l’intero comparto manifatturiero e di porlo sotto il controllo statale. Tale risposta non può avere effetti limitati all’aggiuntività di risorse derivanti dalla riforma ma porterebbe il confronto sulla valutazione delle capacità dell’imprenditore di gestire ed organizzare ogni mezzo di produzione, finanziario e non.
Se un imprenditore non è ritenuto capace di gestire al meglio, poniamo, un 1% derivante dalla manovra, come può essere considerato adatto per gestire l’ulteriore 99% del giro d’affari aziendale? E se non è valutato all’altezza, quale altra figura può prendere il suo posto? Il funzionario statale? Con quali certezze? E con quali costi?

Prima di addentrarmi nel piccolo trattato che ha per titolo La Specie Imprenditoriale e la Sua Tutela, voglio soffermarmi sull’IRAP senza, però, entrare nel merito dell’opportunità o meno della sua applicazione. Solo una considerazione ed una domanda.
La Considerazione: l’IRAP non insiste sul reddito ma sui mezzi di produzione e, quindi, è applicabile anche in mancanza di reddito/utile. Potrebbe essere considerata iniqua, ma tant’è.
La Domanda: è mai stata utilizzata come strumento di emersione del sommerso? Come può un’azienda in perdita pagare l’IRAP? Tramite strumenti finanziari? Sarebbe interessante chiedere all’imprenditore: “Quali?”.

Certo, la scelta di porre questa domanda migliorerebbe l’immagine dell’imprenditore verso l’opinione pubblica ed avvierebbe un confronto produttivo sulla necessità/opportunità di continuare ad applicare l’IRAP.

(dicembre 2003 - novembre 2004)


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